Debitori sottoposti alla liquidazione del patrimonio: possibile comunque l’esdebitazione

I giudici precisano che la domanda, pur depositata dopo il 15 luglio del 2022, non è assoggettata alle norme dettate dal ‘Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza’

Debitori sottoposti alla liquidazione del patrimonio: possibile comunque l’esdebitazione

I debitori assoggettati alla procedura di liquidazione del patrimonio, secondo quanto previsto nella legge numero 3 del 2012 in materia di composizione delle crisi da sovraindebitamento, possono chiedere il beneficio dell’esdebitazione solo nel rispetto delle norme procedurali e dei presupposti previsti dalla medesima legge, anche se la domanda è depositata dopo l’entrata in vigore del ‘Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza’, dovendosi escludere l’applicazione del nuovo quadro normativo.
Questo il punto fermo fissato dai giudici (ordinanza numero 28137 del 23 ottobre 2025 della Cassazione) a chiusura del contenzioso relativo a due coniugi, i quali, dopo essersi sottoposti alla procedura di liquidazione del patrimonio, alla luce di quanto previsto dalla legge numero 3 del 2012, hanno posto domanda per essere ammessi al beneficio dell’esdebitazione.
I giudici del Tribunale hanno respinto l’istanza, applicando quanto stabilito nel 2019 dal ‘Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza’, ritenendo che il sovraindebitamento fosse stato determinato, con colpa grave, dai due coniugi.
Identica posizione, poi, quella assunta dai giudici d’Appello, con la sola precisazione sulle norme applicabili al caso: quelle della legge numero 3 del 2012 e non quelle del successivo ‘Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza’.
A chiudere il cerchio hanno provveduto i giudici di Cassazione, ribadendo che i debitori assoggettati alla procedura del fallimento, così come regolata dalla legge fallimentare, ovvero alla procedura di liquidazione del patrimonio, così come prevista dalla legge numero 3 del 2012, possono chiedere il beneficio dell’esdebitazione solo a fronte dei presupposti soggettivi e oggettivi e nel rispetto delle norme procedurali previste, dovendosi, per contro, escludere che le relative loro domande, semplicemente perché depositate dopo il 15 luglio del 2022, siano assoggettate alle norme dettate dal ‘Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza’.
In generale, vi sono, precisano i giudici, varie differenze tra la disciplina dell’esdebitazione successiva alla liquidazione del patrimonio contenuta nella legge numero 3 del 2012 e la corrispondente disciplina contenuta nel ‘Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza’ a beneficio delle persone assoggettate alla liquidazione controllata. E, ragionando sulla vicenda in esame, diversa è anche la norma che individua i soggetti immeritevoli del beneficio per avere colpevolmente determinato il sovraindebitamento: la legge numero 3 del 2012 esclude dal beneficio il caso in cui il sovraindebitamento del debitore è imputabile ad un ricorso al credito colposo e sproporzionato rispetto alle sue capacità patrimoniali, mentre il ‘Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza’ non contiene alcun riferimento alla sproporzione dei debiti assunti rispetto alle capacità patrimoniali e richiede – perché scatti l’impedimento – che il debitore abbia determinato la situazione di sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode.
Ebbene, ragionando sul caso riguardante i due coniugi, va applicata la visione secondo cui alle domande di esdebitazione presentate dopo l’entrata in vigore del ‘codice della crisi’ (15 luglio 2022), ma relative a vicende liquidatorie aperte (e quindi anche chiuse) secondo la legislazione previgente, si devono continuare ad applicare le norme sull’esdebitazione anteriori, le quali – pur non menzionate espressamente nel ‘Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza’ – costituiscono un unico corpus normativo con le disposizioni che le precedono e integrano a pieno titolo la complessiva disciplina del fallimento (o della liquidazione del patrimonio del debitore in stato di sovraindebitamento).
Ritornando, infine, ai dettagli della vicenda esaminata, risulta che all’origine del sovraindebitamento dei due coniugi ci furono i debiti assunti da loro personalmente per finanziare una infelice operazione immobiliare, tentata tramite una società di capitali, poi fallita, nella gestione della quale erano entrambi direttamente coinvolti. E una eventuale qualificazione della colpa dei coniugi – rei di avere assunto debiti che non avrebbero ragionevolmente potuto adempiere – in termini di non gravità non potrebbe giovare loro.

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