Disparità di genere nel concorso di Polizia Penitenziaria: la parola alla Corte Costituzionale
La Corte Costituzionale ha affermato che le discriminazioni nell'accesso alla carica di ispettori di polizia penitenziaria non trovano giustificazione e ledono la possibilità per le donne di svolgere incarichi rispondenti alle proprie competenze, con effetti negativi sull'efficienza dell'apparato amministrativo. Questa decisione ha confermato la violazione dei principi di uguaglianza, ragionevolezza e parità di trattamento tra uomini e donne.

La Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli articoli 44, commi 7-11, del decreto legislativo 95/2017 riguardanti la revisione dei ruoli delle Forze di polizia, la Tabella 37 e la Tabella A dell'allegato al decreto legislativo 443/1992 sull'Ordinamento del personale del Corpo di polizia penitenziaria, in quanto differenziano i posti da mettere a concorso per gli ispettori del Corpo di Polizia penitenziaria in base al genere.
È stato il Consiglio di Stato a sollevare la questione, ritenendo violati i principi di eguaglianza e ragionevolezza sanciti dalla Costituzione, così come il principio di parità di trattamento tra uomini e donne stabilito dal diritto dell'Unione Europea.
La Corte costituzionale ha ritenuto ammissibili le questioni sollevate per la violazione diretta del diritto UE, in conformità all'articolo 117, primo comma, della Costituzione. Infatti, come precisato nella pronuncia, il giudice può sollevare questione di legittimità costituzionale anche in caso di contrasto con il diritto dell'Unione dotato di efficacia diretta, qualora la stessa «presenti un “tono costituzionale”, per il nesso con interessi o princìpi di rilievo costituzionale». Il sindacato accentrato di costituzionalità, pertanto, non si pone in contrasto con un meccanismo diffuso di attuazione del diritto europeo, ma con esso coopera per realizzare garanzie sempre più integrate
Nel merito della questione, la Consulta ha evidenziato che, vista la natura direttiva del ruolo degli ispettori che richiede direzione e coordinamento, la scarsa presenza femminile non trova alcuna giustificazione ragionevole secondo i criteri rigorosi della direttiva 2006/54/CE.
La disciplina contestata non solo manca di un obiettivo legittimo legato all'efficienza del Corpo di Polizia penitenziaria, ma viola anche il principio di proporzionalità a causa dell'ampio divario generato.
La Corte Costituzionale ha, pertanto, concluso che le discriminazioni nell'accesso al ruolo degli ispettori, vìolano il diritto delle donne di esercitare, a parità di condizioni di idoneità, «un'attività conforme alle loro possibilità e alle loro scelte e di concorrere così al progresso della società» e, non attenendosi a criteri meritocratici per la selezione, producono «effetti distorsivi che si ripercuotono sull'efficienza stessa dell'amministrazione».