Impossibile per la società che ha ceduto l’opera rivalersi nei confronti della Galleria d’Arte dalla quale la aveva acquistata
Il diritto di richiedere la risoluzione e il conseguente diritto al risarcimento dei danni sono soggetti alla prescrizione ordinaria, e il termine di prescrizione incomincia a decorrere dal momento in cui si è verificato l’inadempimento, ossia, nella vicenda in esame, in occasione della consegna del quadro poi rivelatosi non autentico. Condizione necessaria e sufficiente perché la prescrizione decorra è che il titolare del diritto, pur potendo esercitarlo, si astenga dal farlo, rilevando solo la possibilità legale e non influendo per contro, salve le eccezioni stabilite dalla legge, l’impossibilità di fatto in cui il detto titolare venga a trovarsi, con la conseguenza che ove il termine di prescrizione decorra senza che il compratore (il titolare del diritto) si attivi (sebbene sia in buonafede o ignori i propri diritti), questi non potrà agire nei confronti del venditore scorretto. In sostanza, l’impossibilità di far valere il diritto è solo quella che deriva da cause giuridiche che ostacolano l’esercizio del diritto e non comprende anche gli impedimenti soggettivi o gli ostacoli di mero fatto, per i quali il Codice Civile prevede solo specifiche e tassative ipotesi di sospensione, tra le quali non rientra l’ignoranza, da parte del titolare, del fatto generatore del suo diritto, né il dubbio soggettivo sull’esistenza di tale diritto e il ritardo indotto dalla necessità del suo accertamento. Respinta, quindi, la tesi secondo cui la società che ha venduto il quadro, poi rivelatosi falso, può rivalersi nei confronti del titolare della Galleria d’Arte che glielo aveva a sua volta venduto, fornendo rassicurazioni sulla autenticità dell’opera. Decisiva la prescrizione, iniziata a decorrere nel momento del perfezionamento della compravendita. (Ordinanza 996 del 14 gennaio 2022 della Cassazione)