Ha natura commerciale la decisione dell’utente di fornire i propri dati personali
Una simile decisione non richiede necessariamente una controprestazione a favore del consumatore, potendo compendiarsi anche in una cessione, di valore, non compensata da una controprestazione, in quanto ai dati personali deve essere riconosciuto un valore intrinseco
Costituisce decisione di natura commerciale, alla luce del Codice del consumo, la decisione dell’utente di fornire, al momento della creazione di un account su una piattaforma digitale, i propri dati personali al professionista, prima e a prescindere dal compimento di singoli atti di acquisto, poiché una simile decisione non richiede necessariamente una controprestazione a favore del consumatore, potendo compendiarsi anche in una cessione, di valore, non compensata da una controprestazione, in quanto ai dati personali deve essere riconosciuto un valore intrinseco. Questo il punto fermo fissato dai giudici (sentenza numero 9614 del 2 dicembre 2024 del Consiglio di Stato), chiamati a prendere in esame lo scontro tra Antitrust e Apple, scontro originato dagli addebiti mossi alla società di Cupertino, ossia due illeciti consumeristici, consistenti, in primo luogo, in carenze informative in merito alla raccolta dei dati dell’utente a fini commerciali, conseguente acquisizione di dati personali ed impiego dei servizi dell’utente per una loro utilizzazione a fini commerciali da parte della società, senza portarne a conoscenza in maniera adeguata i consumatori stessi, e, in secondo luogo, nell’avere pre-impostato il consenso alla raccolta dei dati personali a fini commerciali da parte di Apple. In particolare, la società avrebbe adottato una modalità di acquisizione del consenso all’uso dei dati degli utenti a fini commerciali senza prevedere per il consumatore la possibilità di scelta preventiva ed espressa in merito alla cessione dei propri dati, la cui possibilità di acquisizione per la società risulterebbe pre-impostata sin dalla fase di creazione dell’ID Apple, creazione che costituisce una azione obbligata per il consumatore che intenda utilizzare i dispositivi Apple. Inoltre, il consumatore che vuole effettuare una scelta diversa deve intraprendere una complessa e non immediata procedura per la disattivazione dell’opzione. I giudici osservano poi che la procedura di creazione di un account su una piattaforma digitale di un professionista costituisce una pratica commerciale, in quanto la norma non richiede che la fornitura debba essere a pagamento, la nozione di prodotto comprende i beni immateriali e i servizi, anche di tipo digitale e l’account in questione è un prodotto in sé, di natura digitale, strumento necessario per accedere al servizio di cloud offerto dal professionista, oltre che strumento utile per accedere e navigare sulle altre piattaforme del professionista, di natura più squisitamente commerciale. Legittimo, quindi, il provvedimento dell’Antitrust che qualifichi come pratica commerciale ingannevole, sub specie di omissione ingannevole, la mancata prospettazione da parte del professionista, sin dall’inizio della procedura di creazione di un account su una piattaforma digitale, del possibile utilizzo dei dati traibili dall’account per fini commerciali, allorquando non risulti, nel corso della procedura di creazione dell’account, alcuna informazione circa il fatto che i dati degli utenti avrebbero potuto essere utilizzati per l’invio di messaggi promozionali personalizzati, né spiegazione circa il momento dal quale questo utilizzo dei dati avrebbe preso avvio (cioè dal momento in cui l’utente/consumatore avesse effettuato il primo accesso alle piattaforme). Nello specifico, i giudici hanno rilevato che, nel caso concreto, l’informativa multilivello fornita dal professionista non rispetta il principio per cui l’obbligo di estrema chiarezza gravante sul professionista deve essere da costui assolto sin dal primo contatto: perché richiedeva all’utente di aprire il link presente sulla prima schermata, che apriva una nuova schermata in cui l’utente era informato solo del fatto che avrebbe potuto ricevere e-mail di marketing e che avrebbe potuto disattivare il servizio di ricezione di email; perché richiedeva all’utente di accedere ad altri spazi digitali, aprendo i link ivi presenti sotto all’icona Dati & Privacy, per ottenere maggiori informazioni circa il modo in cui sarebbero stati utilizzati i dati rinvenienti dall’uso della piattaforma da parte dell’utente. Illegittimo, invece, il provvedimento dell’Antitrust che qualifichi come pratica commerciale aggressiva la condotta del professionista che, nella procedura di creazione di un account su una piattaforma digitale, abbia pre-impostato la piattaforma circa il consenso a ricevere comunicazioni di marketing, che avrebbe potuto essere disattivata dall’utente solo seguendo una procedura complessa e di non intuitiva comprensione, poiché in essa non può scorgersi quel carattere oppressivo che invece accomuna le condotte descritte dal Codice del consumo, che ricorre quando essa provochi la manipolazione concreta della volontà dell’utente, coartandone il comportamento.