Il principio di diritto sancito in ambito europeo non vincola il giudice nazionale

I giudici forniscono chiarimenti, alla luce del contenzioso nato in Liguria ed esaminato dai membri della Corte di giustizia dell’Unione Europea

Il principio di diritto sancito in ambito europeo non vincola il giudice nazionale

Nello specifico, un Comune ligure aveva contestato la scelta della provincia di La Spezia, in qualità di ente d’ambito, di confermare una procedura di aggregazione del soggetto gestore del servizio rifiuti, che dalla sua originaria forma ‘in house’ era divenuto una società mista dopo una gara a doppio oggetto volta ad individuare il soggetto aggregatore. I giudici italiano avevano sollevato alcune questioni pregiudiziali dinanzi alla Corte di giustizia; e quest’ultima aveva, nel maggio del 2022, formulato le seguenti conclusioni: “La direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio europeo, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa o a una prassi nazionale in forza della quale l’esecuzione di un appalto pubblico, aggiudicato inizialmente, senza gara, ad un ente ‘in house’, sul quale l’amministrazione aggiudicatrice esercitava, congiuntamente, un controllo analogo a quello che esercita sui propri servizi, sia proseguita automaticamente dall’operatore economico che ha acquisito detto ente, al termine di una procedura di gara, qualora detta amministrazione aggiudicatrice non disponga di un simile controllo su tale operatore e non detenga alcuna partecipazione nel suo capitale”. I giudici comunitari avevano chiaramente evidenziato che non sussistevano, nel caso specifico, i presupposti per l’affidamento ‘in house’ del servizio, sulla base della considerazione che il Comune aveva dismesso la propria partecipazione nell’operatore economico affidatario del servizio e non aveva acquisito partecipazioni azionarie nell’operatore economico, individuato attraverso procedura di gara pubblica svolta dall’affidatario del servizio quale soggetto aggregatore, e non aveva propri rappresentanti in seno agli organi societari della società individuata tramite la procedura di evidenza pubblica. Tuttavia, i giudici nazionali hanno ritenuto che il principio di diritto formulato dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea non comportasse necessariamente l’accoglimento dell’appello proposto dal comune, per varie ragioni. In primo luogo, era pacifico che al momento dell’originario affidamento del servizio sussistevano tutti i presupposti previsti dall’ordinamento giuridico (nazionale ed eurounitario) per il cosiddetto ‘in house providing’. In secondo luogo, era stata una scelta del Comune quella di dismettere le proprie partecipazioni nel soggetto aggregato, rinunciando al requisito del controllo su tale società. In terzo luogo, l’aggregazione era avvenuta tramite gara, addirittura a doppio oggetto, nel rispetto delle norme europee in materia di concorrenza. Infine, i giudici nazionali hanno aggiunto che solo la Provincia, in quanto ente d’ambito, è competente in materia di affidamento a livello di ambito territoriale, non il Comune. Tirando le somme, i giudici nazionali, valorizzando determinati aspetti della fattispecie concreta, nonché le peculiarità dell’ordinamento italiano, non adeguatamente presi in considerazione dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea, sono legittimamente pervenuti ad un esito opposto a quello che, prima facie, poteva attendersi in base al principio formulato dai giudici comunitari. (Sentenza 9933 del 20 novembre 2023 del Consiglio di Stato)  

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