Legittima la condanna del medico che aiuta le persone a togliersi la vita
Impossibile considerare il pronunciamento dei giudici come una violazione del diritto alla libertà di espressione

Legittima la condanna del medico accusato di avere fornito assistenza a una persona così da consentirle di ottenere l’agognato suicidio. Impossibile considerare il pronunciamento dei giudici come una violazione del sacrosanto diritto alla libertà di espressione. Il caso riguarda lo scontro tra un medico – fondatore di un’organizzazione pro suicidio assistito – e la Danimarca. Il medico è stato condannato per due suicidi assistiti – prescrivendo farmaci a individui con la consapevolezza che essi intendevano togliersi la vita – e per un tentato suicidio assistito – consigliando a un individuo di mettere la testa in un sacchetto di plastica e di assumere un’overdose di farmaci –, ma si è difeso spiegando di avere solo diffuso informazioni in merito al suicidio attraverso una sorta di guida su come riuscire a togliersi la vita con specifici farmaci. Per i giudici, però, lo Stato della Danimarca ha agito legittimamente nel condannare il medico, poiché la normativa nazionale criminalizza specifici atti di suicidio e non il mero fornire informazioni generali sul suicidio, e in questa ottica è emerso che lo stesso medico ha ammesso, nel corso di un’intervista radiofonica, di avere assistito alcune persone nelle azioni da loro compiute per togliersi la vita. Non in discussione, poi, sempre secondo i giudici, gli obiettivi delle autorità danesi, ossia la tutela della salute e della morale e dei diritti delle persone. (Sentenza del 12 aprile 2022 della Corte europea dei diritti dell’uomo)