Messaggio diffamatorio tramite WhatsApp: legittima la sanzione per il militare
Utilizzabile il documento, poiché fornito dal destinatario all’amministrazione

Legittima la sanzione disciplinare nei confronti del militare che tramite WhatsApp ha inviato a un collega un messaggio diffamatorio. Fatale, nella specifica vicenda, il fatto che il messaggio abbia evocato una generale condizione di inaffidabilità del contesto di servizio cui il militare – della Guardia di Finanza – era stato destinato. I giudici chiariscono che la comunicazione in esame può essere utilizzata dall’amministrazione al fine di fondare la contestazione disciplinare, anche perché proprio il destinatario del messaggio l’ha reso noto all’amministrazione. I giudici sottolineano la natura antigiuridica della condotta costituita dall’aver reso opinioni diffamatorie – e non frutto del mero esercizio del diritto di critica – in una chat da parte di un lavoratore nei confronti del datore di lavoro. Allo stesso tempo, non sono pertinenti i richiami ai principi di libertà e segretezza della corrispondenza, che sì ne precludono agli estranei la cognizione e la rivelazione, ma non sono invocabili laddove il datore di lavoro abbia conosciuto il contenuto della comunicazione non in violazione delle predette norme, bensì, come in questo caso, per la rivelazione che il partecipante alla comunicazione ne abbia fatto. Di conseguenza, una volta che l’amministrazione ha conosciuto il contenuto della conversazione, reso pubblico dal destinatario del messaggio, essa non può non tenerne conto ai fini della valutazione in merito alla rilevanza disciplinare delle affermazioni rese dal dipendente. (Sentenza 174 del 14 marzo 2022 del Tribunale amministrativo regionale della Sardegna)