Caparra confirmatoria: clausola che è possibile catalogare come penale
Necessario, però, ricostruire la volontà delle parti e dare rilievo alla ragione pratica del contratto

Nell’interpretazione del contratto, qualora le parti abbiano utilizzato la locuzione ‘caparra confirmatoria’ per il versamento di una somma di denaro, tale qualificazione deve essere rispettata secondo il criterio letterale, salvo che non emergano circostanze o situazioni che evidenzino l’uso improprio dell’espressione o la non aderenza alla situazione oggettiva, come la mancanza del requisito della bilateralità, e in questo caso la clausola può essere riqualificata come penale. Fondamentale, ovviamente, ricostruire la volontà delle parti e dare rilievo alla ragione pratica del contratto.
Questo il chiarimento fornito dai giudici (ordinanza numero 3583 del 12 febbraio 2025 della Cassazione), chiamati a prendere in esame il contenzioso relativo al mancato acquisto di due immobili.
In sostanza, l’acquirente – per un prezzo complessivo pari a circa 410mila euro, prezzo interamente versato, anche a titolo di caparra confirmatoria – ha lamentato che il venditore, nonostante i numerosi inviti, non si è reso disponibile per la stipula del contratto definitivo, e perciò ha manifestato l’intenzione di recedere dal contratto, chiedendo l’accertamento del grave inadempimento dell’alienante e la condanna di quest’ultimo al pagamento del doppio della caparra, ossia 820mila euro.
Il venditore ha eccepito la nullità della caparra e, in subordine, qualificata la caparra come penale, ha chiesto di disporne riduzione per manifesta eccessività.
In primo grado, la richiesta del compratore è stata accolta in toto. In secondo grado, invece, i giudici, qualificata la clausola negoziale quale penale, ne ha ridotto l’ammontare della metà, così condannando il venditore a versare al compratore 410mila euro.
Inutili le obiezioni sollevate in Cassazione dal compratore e mirate a contestare la catalogazione della clausola come penale invece che come caparra confirmatoria.
Per i giudici di terzo grado, difatti, nella vicenda esaminata paiono evidenti circostanze e situazioni che evidenziano un uso improprio dell’espressione caparra confirmatoria. Il riferimento è, in particolare, alla mancanza, in concreto, della bilateralità, necessaria ad attribuire senso all’apposizione di una clausola confirmatoria. Evidenza, questa, che rende del tutto plausibile interpretare la disposizione quale clausola penale, volta a garantire il solo promissario acquirente, il quale aveva totalmente adempiuto alla propria obbligazione, dall’inadempimento della parte venditrice.