Emersione del rapporto di lavoro irregolare di uno straniero: procedimento da chiudere entro centottanta giorni
I giudici precisano che ci si trova di fronte a una precisa previsione normativa riferita solo ai procedimenti in materia di immigrazione
Il procedimento avviato con l’istanza di emersione del rapporto di lavoro irregolare nell’interesse di una persona di cittadinanza straniera deve essere chiuso nel termine di centottanta giorni, e ciò in quanto la materia dell’emersione deve ritenersi esclusa dall’intero sistema dei termini per il procedimento amministrativo. I giudici ricordano che il termine generale entro il quale il procedimento deve essere concluso, qualora non siano previsti dall’ordinamento giuridico specifici e diversi termini, è quello di trenta giorni, indicato dalla legge numero 241 del 1990. Difatti, il termine massimo dei centottanta giorni costituisce un’eccezione di secondo grado, che si pone quale regola derogatoria rispetto a quella ordinaria del termine di trenta giorni e a quella del limite massimo dei novanta giorni, che con regolamento statale può essere fissato per qualsiasi materia di competenza statale. Ebbene, questa prima constatazione si aggancia all’ulteriore rilievo che i procedimenti in materia di immigrazione e di cittadinanza risultano espressamente svincolati dal termine doppiamente derogatorio dei centottanta giorni per effetto di una ulteriore previsione normativa solo ad essi riferita e non circoscritta da particolari condizioni limitative. Si tratta, quindi, di una deroga indeterminata e di doppio grado, la quale induce a ritenere che i procedimenti che ne sono oggetto siano complessivamente sottratti anche a tutto il sistema generale dei termini. In sostanza, la disciplina dei procedimenti concernenti l’immigrazione e la cittadinanza viaggia su binari normativi del tutto svincolati da quelli previsti dalla legge numero 241 del 1990 e risponde a logiche ed esigenze organizzative (correlate alla mole e alla complessità dei procedimenti implicati) evidentemente non conciliabili con l’ordinario sistema dei termini. (Sentenza 3578 del 9 maggio 2022 del Consiglio di Stato)