Importazione di vino, l’attestato rilasciato dallo Stato di esportazione non basta per certificare il rispetto delle pratiche enologiche comunitarie

Non basta l’attestato emesso dalle autorità di uno Stato non appartenente all’Unione Europea sulla conformità di una partita di vino alle pratiche enologiche comunitarie a certificare il rispetto di tali pratiche per la sua commercializzazione nell’Unione. Di conseguenza, se, nonostante tale attestato, dette pratiche non sono state rispettate, l’onere della prova circa la responsabilità in capo al commerciante non può essere trasferito sulle autorità dello Stato dell’Unione Europea ove il prodotto è stato posto in commercio. Legittima, secondo i giudici, la sanzione pecuniaria inflitta dalla Repubblica Ceca ad un’impresa che ha posto in circolazione nel Paese alcune partite di vino importate dalla Moldavia e non conformi alle pratiche enologiche dell’Unione. Impossibile ritenere l’azienda esonerata da ogni responsabilità solo perché le autorità moldave avevano certificato che le partite di vino erano conformi alle pratiche imposte dall’Unione Europea. I giudici chiariscono che le pratiche enologiche comunitarie devono essere rispettate non soltanto ai fini dell’importazione della partita, ma anche ai fini della sua commercializzazione nell’Unione Europea. Di conseguenza, se è vero che l’attestato rilasciato dal Paese non appartenente all’Unione Europea presenta una certa rilevanza anche per la commercializzazione della partita di vino, esso tuttavia non costituisce, di per sé, una prova del rispetto delle pratiche enologiche comunitarie. (Sentenza del 28 aprile 2022 della Corte di giustizia dell’Unione Europea)