Impresa in difficoltà a causa della pandemia: possibile comunque affidarle un lavoro pubblico
Fondamentale però che il patrimonio netto di valore negativo sia collegabile agli eventi emergenziali

Possibile l’affidamento di un lavoro pubblico a una ditta che anche a seguito della emergenza epidemiologica si ritrova con un patrimonio netto di valore negativo. I giudici fanno riferimento al cosiddetto decreto sisma del 2016 e al cosiddetto decreto liquidità del 2020 e chiariscono che l’accertamento dell’idoneità economico-finanziaria degli esecutori di lavori pubblici può temporaneamente prescindere dalla disponibilità di un patrimonio netto di valore positivo, però solo con riferimento alle imprese i cui dati di bilancio sono cambiati in esito agli eventi cui si riferisce la normativa emergenziale, ossia sisma e COVID-19. Fondamentale la sottolineatura che la disciplina emergenziale del 2016 e del 2020 ha lo scopo di consentire alle imprese che si trovano in difficoltà non per motivi di tipo strutturale ma per ragioni eccezionali e imprevedibili, quali il sisma o la pandemia, di proseguire l’attività. E in questa ottica, ove la diminuzione del capitale nominale al di sotto della soglia del minimo legale sia imputabile alle perdite verificatesi nel corso degli esercizi finanziari espressamente considerati dalle norme emergenziali, lo scioglimento automatico della società è in ogni caso precluso. Se dunque il legislatore dell’emergenza ha previsto la sopravvivenza della società senza imporre tutte quelle attività che ordinariamente sono stabilite dal Codice Civile, in via di principio non v’è ragione di escludere che queste società, munendosi della necessaria certificazione SOA, possano partecipare alle procedure di evidenza pubblica. (Parere 804 del 4 maggio 2022 del Consiglio di Stato)