Inaccettabile negare la possibilità di divenire membro di un partito
Censurate dai giudici la condotta tenuta dalla Repubblica Ceca e dalla Polonia nei confronti dei cittadini dell’Unione Europea

Rappresenta una palese violazione il negare la possibilità di divenire membro di un partito politico ad un cittadino dell’Unione Europea che risiede in uno Stato membro senza esserne cittadino. Censurate perciò dai giudici (sentenze del 19 novembre 2024 della Corte di giustizia dell’Unione Europea) Repubblica Ceca e Polonia che, in sostanza, non garantiscono ai cittadini europei presenti sui rispettivi territori nazionali la parità di trattamento con i loro cittadini per quanto riguarda l’esercizio effettivo del diritto di eleggibilità alle elezioni comunali ed europee. Per i giudici il diritto dell’Unione Europea è inequivocabile: esso conferisce il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni locali ed europee ai cittadini dell’Unione Europea che risiedono in uno Stato membro senza averne la cittadinanza. L’esercizio effettivo di tale diritto richiede che tali cittadini possano avere pari accesso ai mezzi di cui dispongono i cittadini di tale Stato membro per esercitare questo stesso diritto. Perciò, considerato che l’appartenenza a un partito politico contribuisce sostanzialmente all’esercizio dei diritti elettorali conferiti dal diritto dell’Unione Europea, la Repubblica Ceca e la Polonia hanno violato, spiegano i giudici, tale diritto negando il diritto di divenire membri di un partito politico ai cittadini dell’Unione Europea che risiedono, pur senza esserne cittadini, in tali Stati membri. A rendere più evidente l’abuso, poi, una ulteriore constatazione: l’adesione di quei cittadini ad un partito politico non può essere tale da pregiudicare l’identità nazionale della Repubblica Co della Polonia. Censura totale, quindi, per le normative ceca e polacca che conferiscono il diritto di divenire membri di un partito politico soltanto ai cittadini nazionali. A sollevare il caso è stata la Commissione Europea, secondo cui i cittadini dell’Unione Europea che risiedono nella Repubblica Ceca o in Polonia senza averne la cittadinanza non possono esercitare il loro diritto di eleggibilità alle elezioni comunali ed europee, sancito dal diritto dell’Unione Europea, alle stesse condizioni dei cittadini cechi e polacchi. Secondo la Commissione Europea, ci si trova di fronte ad una palese disparità di trattamento, vietata dal diritto dell’Unione Europea, in base alla cittadinanza. Tale visione è condivisa dai giudici, i quali constatano l’inadempimento da parte dei due Stati membri degli obblighi loro incombenti in forza dei Trattati. Nello specifico, i giudici rilevano che l’esercizio effettivo dei diritti elettorali alle elezioni comunali ed europee, garantiti dal diritto dell’Unione Europea, esige che i cittadini dell’Unione Europea che risiedono in uno Stato membro senza averne la cittadinanza abbiano pari accesso ai mezzi di cui dispongono i cittadini di tale Stato membro per esercitare in maniera effettiva questi stessi diritti. I partiti politici svolgono infatti un ruolo fondamentale nel sistema di democrazia rappresentativa, il quale concretizza il valore della democrazia su cui l’Unione Europea segnatamente si fonda. Di conseguenza, il divieto di appartenere a un partito politico pone tali cittadini dell’Unione Europea in una situazione sfavorevole rispetto a quella dei cittadini cechi e polacchi in materia di eleggibilità alle elezioni comunali ed europee. Infatti, l’elezione di questi ultimi è favorita in particolare dal fatto che essi possono essere membri di un partito politico che dispone di strutture organizzative e di risorse umane, amministrative e finanziarie per sostenere la loro candidatura. Inoltre, il fatto di appartenere a un partito politico costituisce uno dei criteri che orientano la scelta degli elettori. Tale disparità di trattamento, vietata dal diritto dell’Unione Europea, non può essere giustificata da motivi attinenti al rispetto dell’identità nazionale. Infatti, il diritto dell’Unione Europea non impone agli Stati membri di riconoscere ai cittadini dell’Unione Europea interessati il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni nazionali né vieta loro di limitare il ruolo di tali cittadini all’interno di un partito politico nel contesto di tali elezioni.