No alla mera attribuzione del nome se la strada ha già un nome ufficio

I giudici censurano l’operato del Comune, che avrebbe dovuto seguire il procedimento previsto per il cambio di denominazione di una strada.

No alla mera attribuzione del nome se la strada ha già un nome ufficio

Illegittimi gli atti del Comune che attribuiscono un nuovo nome a una via comunale sul presupposto che essa sia priva di denominazione, laddove risulti sufficientemente provato, invece, che tale via, pur priva di denominazione ufficiale, ha comunque una denominazione invalsa nella prassi della comunità locale. Ciò significa che avrebbe dovuto essere seguito il diverso procedimento di cambio del nome. Questo il pronunciamento del Consiglio di Stato (sentenza 6260 del 12 luglio 2024). Secondo i magistrati amministrativi, la distinzione tra i due procedimenti è di non poco conto, in quanto il cambio della toponomastica, a differenza dell’attribuzione di un nuovo nome, richiede una valutazione particolarmente delicata, che abbisogna di un’istruttoria approfondita sull’effettiva necessità di procedere in tal senso, in ragione delle conseguenze e gli incomodi che derivano ai cittadini da una simile iniziativa. Legittimo, quindi, rimproverare al Comune il non corretto uso del potere, derivante da un’errata percezione dei fatti, a sua volta cagionata dall’incompletezza dell’istruttoria condotta. I giudici aggiungono ulteriori elementi per fare chiarezza. Innanzitutto, la norma sul cambio del toponimo si riferisce in modo inequivoco a strade o piazze che abbiano già un ‘nome’ che si intendere cambiare. La diversa norma sull’assegnazione di un ‘nome’ ex novo si riferisce, invece, a strade o piazze nuove e disciplina la prima attribuzione del nome. A differenza dell’altra previsione, dunque, la norma per l’assegnazione di un ‘nome’ assume rilievo laddove una precedente denominazione non vi sia, o perché si tratta di infrastruttura stradale nuova, o perché, pur se non di recente costruzione, la strada o la piazza sia rimasta priva di denominazione. La distinzione tra i due procedimenti non è di poco conto perché il cambio della toponomastica richiede una valutazione particolarmente delicata, che abbisogna di un’istruttoria approfondita sull’effettiva necessità di procedere in tal senso: ciò, avuto riguardo ai disagi che tali iniziative possono arrecare ai cittadini per l’aggiornamento dei documenti in loro possesso e l’aggravio di lavoro a carico dei servizi comunali. Nel caso preso in esame dai giudici, l’amministrazione ha ritenuto di poter procedere con l’attribuzione di un nuovo nome, senza tuttavia previamente accertare l’uso, effettivamente invalso nella comunità locale, di una diversa e già esistente denominazione della strada. Così facendo essa ha omesso di considerare un dato di fatto dirimente, senza il quale risulta travisato l’intero procedimento posto in essere, a cominciare dalla valutazione circa l’effettiva opportunità di sostituire alla denominazione vecchia quella nuova. Del resto, la preesistenza di un nome della strada, anche se mai attribuito con modalità formali e non risultante dagli stradari comunali, rendeva comunque attuale l’esigenza sottesa alla ratio del procedimento di cambio del toponimo, che, come visto, è quella di astringere l’amministrazione a una valutazione particolarmente ponderata circa le conseguenze e gli incomodi che derivano da simile iniziativa. Irrilevanti altre risultanze, come la denominazione rinvenibile nei navigatori web, o nei pareri della Soprintendenza, che, al più, possono testimoniare il parallelo uso di un’’alternativa e generica denominazione, ma che non cancellano le prove circa l’uso, invalso costantemente nella quotidianità delle relazioni interpersonali, del nome della strada.

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